Il 10 giugno 2023 si è svolto a Roma un incontro dei ragazzi del progetto Learn With Giovanni Todaro con il pianista M° Roberto Pivotto.
Roberto non è un musicista come gli altri – dal sapore accademico – ma è un vero e proprio cultore della musica, dell’insegnamento, così come lo è il suo amico e compagno di lavoro il M° Giovanni Todaro. Per questo, quando si sono incontrati, si sono trovati. Per questo accettano sfide professionali nelle quali si coinvolgono a vicenda. Roberto Pivotto, oltre a suonare e comporre musica è anche un insegnante. La sua disciplina non è limitata al pianoforte ma è un insegnante del suono, lo strumento e la tecnica per lui sono relative (come leggeremo da questa intervista fatta dai ragazzi del LWGT).
“Lui insegue una visione, l’emozionare con una forma di comunicazione diversa dal parlato, la musica appunto” dice di lui così anche Emiliano Viola “Insegna ai bambini l’approccio musicale, agli studenti accademici l’approccio artistico al sound design, insegna canto nei cori, in ogni situazione in cui si voglia imparare o apprendere nozioni di musica bisognerebbe contattarlo, magari non si è portati per la musica ma si creerà un contatto ancora più viscerale con essa”.
I ragazzi del LWGT che hanno partecipato a questo incontro sono stati Emma, Federico, David, Giorgio e hanno tutti apprezzato moltissimo il suo stile, le chiacchierate, la possibilità di registrare un piccolo pezzo e le attività collaterali svolte. Una giornata che è stata un tripudio di emozioni e a seguito della quale i ragazzi stessi hanno proposto di intervistare il M° Roberto Pivotto perché spinti da curiosità che sollecitate in questa giornata insieme.
Hanno partecipato all’intervista anche altri ragazzi che non hanno potuto presenziare quel giorno, ma interessati dai racconti dei compagni.
Le domande sono state poste da Emma, Paolo, Pierfrancesco, David, Giorgio.
Emma: Ciao Roberto, grazie per averci ospitati nel tuo studio. È stato interessantissimo vedere il processo che sta dietro alla registrazione di un piccolo pezzo, quindi assemblare i vari strumenti registrati in precedenza separatamente. È stato emozionante anche suonare con un vero pianoforte ed un vero pianista!
Durante il nostro incontro ci hai detto che insegni musica ai bambini e vorrei sapere quanto è difficile far capire certe nozioni, un po’ più complesse, e quanti e quali risultati positivi riesce a dare la musica anche a persone più piccole.
Roberto Pivotto: Ciao, Emma. Grazie a te di essere venuta insieme ai tuoi amici e al tuo Maestro nel mio studio. Si nota che hai una grande passione per la tromba, e per la musica in generale. Ti consiglio di custodire queste passioni con grande tenerezza.
Molto francamente ho imparato una cosa dai bambini: che la musica è molto semplice. Quando ero piccolo come loro, e poi quando sono diventato più grande, prima di arrivare ad insegnare nella scuola dell’infanzia – ormai da quasi vent’anni – non pensavo che la musica fosse così semplice. E che la musica è semplice non l’ho capito io diventando un professionista, ma l’ho capito insegnandolo a loro: semplificando, togliendo, andando a mettere le cose proprio nella maniera più facile possibile. Mi sono reso conto che la musica rimane quello che è, non si impoverisce.
I bambini capiscono tranquillamente che cos’è un suono, che cos’è una nota, che cos’è una nota che dura di più, una nota che dura di meno, che si mette all’interno di un pentagramma, che ha bisogno di una chiave che dà i nomi alle linee e agli spazi… E lo capiscono subito, senza nessun problema!
La musica dà loro un seme che custodiranno dentro, sia che diventino un giorno dei musicisti, e sia che diventino delle persone che faranno altro. Perché comunque sanno ormai che esiste un linguaggio, qual è la musica, che gli dà la possibilità di aprire la loro coscienza a cose che altrimenti gli sarebbero molto, molto, molto più nascoste… molto più oscure.
Paolo: Maestro Pivotto, buonasera. Vorrei sapere come si costruisce l’intesa fra due artisti che suonano degli strumenti diversi, quando i gusti musicali e la sensibilità musicale di ognuno, è molto distante. In altri termini, volevo sapere cosa significa esplorare degli ambiti lontani dai propri quando ci sono distanze fra musicisti, soprattutto quando gli strumenti sono differenti. Mi interessa molto perché sono incuriosito di capire il segreto che c’è dietro – se c’è un segreto – o come appunto scatta la scintilla… se c’è qualcosa di magico che si realizza.
Roberto Pivotto: Ciao, Paolo. L’unica cosa che serve a due musicisti che vogliono dialogare con la musica è la curiosità reciproca, al di là chiaramente di un po’ di preparazione per potersi esprimere con i propri strumenti, al di là dei tipi di studi che hanno fatto, e dei generi musicali che hanno scelto (ammesso che esistano). Dunque, oltre la conoscenza della musica e del proprio strumento, quello che gli serve veramente è avere una grande apertura del cuore e dell’anima nei confronti dell’altro. A questo punto ti rendi conto che è tutto possibile. Quindi non ci sono grossi segreti.
È un po’ come quello che succederebbe tra due persone che dialogano nella stessa stanza, che parlano italiano, che sono curiose reciprocamente: si scambiano queste reciproche curiosità, e parlano. E si potrebbe parlare per una sera intera. Queste persone non hanno steso prima un canovaccio o un testo da leggere. È semplicemente uno scambio che avviene tra due persone aperte l’una all’altra.
Giorgio: Ciao, Roberto: ti piace di più comporre musica da solo oppure con gli altri?
Roberto Pivotto: Ciao, Giorgio. Mi fai una domanda che m’ha fatto sorridere e ti voglio dire che ti ringrazio anche di avermi chiesto questa cosa perché hai toccato un tasto, a proposito di musica, abbastanza particolare. Per moltissimi anni, quasi dieci anni, ho scritto musica e composto musica in un gruppo e mi piaceva tantissimo. Mi ha dato tanto, perché mi ha aperto a determinate proiezioni che altrimenti non avrei potuto conoscere. Però il lato individuale e intimo della solitudine che ho, in momenti in cui sto nel mio studio è proprio un luogo di grande intimità, che mi aiuta tanto a conoscere di più me stesso, mi mette di fronte a determinati aspetti della mia personalità che molto spesso sono ingombranti e che quindi negli anni sono dovuto andare a mettere a posto e non sempre ci sono riuscito.
Oggi per comporre insieme a qualcuno, e quindi mettermi in uno studio e lavorare insieme a qualcuno, ci deve essere un bel progetto, e ci deve essere anche dall’altra parte qualcuno con cui veramente c’è un’affinità forte, come per esempio col vostro Maestro, con Giovanni, o con altri amici con i quali c’è un amore, una stima reciproca. Poi si può anche litigare e discutere purché si rimanga nella bellezza.
David: Buonasera, Roberto. Mi farebbe piacere sapere se alla mia età l’entusiasmo che hai ora per il pianoforte era lo stesso e com’è cambiata l’importanza della musica nella tua vita.
Roberto Pivotto: Caro David, quello che mi chiedi è molto bello, e mi commuove anche un po’, perché spesso ripenso a me quando ero ragazzetto come te, e ti dico che la passione, fondamentalmente, non è mai cambiata. Ci sono stati dei momenti in cui io al pianoforte gli avrei dato fuoco, con tutti i libri che c’erano sopra perché, quando arrivavo a studiare otto ore al giorno Bach, Chopin, Mozart, e tutto quello che era la preparazione di programmi importanti, particolarmente difficili, che richiedevano tanta attenzione, ti giuro che non è sempre stato facile. Però, tolti quei picchi di comprensibile sconforto, è sempre stato un amore grande. Io non mi immagino al di fuori della musica. Non è possibile per me. È una cosa che ho sempre avuto, avrò per sempre, e che non poteva essere altrimenti.
Magari in alcuni periodi ho lavorato in alcuni ambiti e altri in cose totalmente differenti, ma sempre a stretto contatto con la musica. Per esempio, negli ultimi anni sto lavorando molto nella composizione per documentari, e, anche se questa cosa mi sta appassionando molto, potrebbe accadere che nel tempo le cose cambieranno e farò altro.
Una cosa che mi è sempre piaciuta tanto è insegnare la musica a quelli piccoli o anche a persone molto più grandi o dell’età vostra, perché comunque mentre insegno riesco ad avere un contatto con la musica molto, molto, molto viscerale. Un po’ come fa il vostro maestro Giovanni con voi.
Il rapporto con la musica è un mutamento come è il mutamento all’interno di una vita che matura. Ritengo di essere stato fortunato perché sono stato attraversato da questa cosa così bella e quindi non posso – non ho mai potuto – far finta di essere altro se non un musicista.
Pierfrancesco: Ciao Roberto, sono molto incuriosito dal tuo lavoro soprattutto rispetto alla parte della composizione. Dove prendi ispirazione mentre componi? Da cos’è partita questa tua passione, questo tuo percorso? Quali sono i mezzi che utilizzi per comporre?
Roberto Pivotto: Ciao, Pierfrancesco. Per quanto riguarda l’ispirazione, devo iniziare col raccontarti da dove provengo musicalmente. Ho iniziato a studiare a 4 anni; intorno ai 14/15 anni ho iniziato a scrivere canzoni, contemporaneamente facevo il conservatorio e una cosa che, secondo me, è stata fondamentale in quel periodo della mia vita è stata lo studio di Bach, dai primissimi minuetti, quando ero bambino, fino al “Clavicembalo ben temperato”, ai corali, e a tutte le cose che si fanno negli ultimi anni di studio fino al diploma.
Quindi la risposta è Bach. Bach è un fondamentale perché ti dà una possibilità di esplorazione musicale che, secondo me, è ancora proiettata verso il futuro, e lo sarà per molto tempo ancora.
Collaterale a questo amore, vi è stato quello per la discografia e l’ascolto dei dischi, anche di cose che non fossero prettamente “classiche”.
Parallelamente agli studi in conservatorio ho cominciato a lavorare con un gruppo e facevamo Rock progressivo, scrivevamo musica, con anche dei forti contenuti elettronici all’interno. Poi ho iniziato, ormai vent’anni fa, a scrivere musica per la televisione, per la pubblicità, per il cinema e per l’audiovisivo in generale.
La mia ispirazione è venuta anche sentendo la necessità di dare una voce sonora alle storie, che poi erano anche visive.
Non so dirti bene da dove parta l’ispirazione. Parte da un’idea, da un sogno, dal suono di uno strumento, da un racconto che mi ha fatto un regista o un produttore, o semplicemente da una fantasia che mi faccio io su un determinato racconto, quindi, parte da quello.
È chiaro che ci vuole una grande scioltezza poi nel prendere questi eventi e trasformarli in musica. L’importante è non risultare mai artificiali e artificiosi.
Per quanto riguarda i mezzi tecnici che utilizzo, non vi ho mai dato molta importanza. Oggi compongo in studio con apparecchiature molto sofisticate: dai microfoni ai preamplificatori, e ovviamente con degli strumenti di ottima qualità. Ma componevo anche quando avevo pochissime cose; magari con un pianoforte non così performante o con un computer non di ultima generazione. Quello che fa la differenza è l’idea, il modo. I mezzi sono assolutamente secondari. Importanti ma secondari.
Pierfrancesco: Che effetto ti ha fatto lavorare con i miei compagni di studio? Quali sono gli aspetti che ti sono piaciuti di più dello spirito del gruppo? E come vedi il nostro percorso anche in futuro?
Roberto Pivotto: Conosco il vostro Maestro Giovanni da tanti anni. Abbiamo suonato un’infinità di volte insieme, e ogni volta è stata una festa. Ogni volta! Con Giovanni, che per me è un fratello, ci siamo abbracciati musicalmente centinaia di volte. L’ultima è avvenuta proprio qui, in studio. Era tanto che non ci vedevamo, che non suonavamo insieme. E da un Maestro così ci si può aspettare soltanto il meglio. Il gruppo è coeso. Siete tutti diversi, almeno quelli che ho visto. Ognuno ha la sua personalità. Tutti ragazzi e ragazze eccezionalmente belli e positivi. Si vede che vi va di suonare e di studiare, e chiaramente col vostro maestro lo potete fare con grande passione ma anche con grande disciplina, perché Giovanni comunque è uno tosto, che viene dalle Accademie, come me, e quindi sappiamo che si gioca, si scherza, però si fanno le cose sul serio. Quindi seguitelo, dategli retta perché avrete tutti quanti degli ottimi risultati, anche se nella vita non suonerete da professionisti, però vi rimarranno delle cose che… vi renderete conto nel tempo di quanto sono grandi.